Con l’entrata in vigore dell’African Continental Free Trade Area, l’Africa diventa l’area di libero scambio più grande del Pianeta: 1,2 miliardi di persone e un PIL complessivo di 2.500 miliardi di dollari. Lanciato lo scorso 7 luglio a Niamey, in Niger, l’AfCFTA si preannuncia come una vera e propria svolta di sviluppo per il continente africano.
Dopo l’adesione all’accordo di 53 su 54 Paesi, che hanno depositato i documenti di ratifica presso l’Unione Africana, è partito l’iter per la costituzione dell’organismo che sovrintenderà l’intesa.
L’AfCFTA si inserisce in una tendenza commerciale globale in cui i grandi player occidentali rifuggono nel protezionismo, mentre i Paesi emergenti si organizzano per aumentare il commercio intraregionale, e non si rassegnano a un mondo dove il commercio viene visto come un gioco a somma zero.
Quello che contraddistingue l’AfCFTA è il basso livello di commercio intracontinentale da cui partono i contraenti. Gli anni del colonialismo hanno costruito infrastrutture e istituzioni totalmente inadeguate al commercio fra Paesi confinanti, sviluppando piuttosto i collegamenti portuali da cui i prodotti potevano essere imbarcati verso l’Europa. I primi decenni dopo l’indipendenza, marcati dal fallimentare obiettivo dell’autosufficienza perseguito da tanti leader africani mediante l’istituzione di imprese statali in continua perdita, politiche protezioniste, dazi altissimi e regole commerciali burocratiche e spesso poco coordinate, non hanno aiutato a integrare il continente.
Il commercio intracontinentale africano è pertanto fermo a meno del 20%, mentre in Europa e in Asia il commercio intracontinentale è rispettivamente pari al 70% e al 60% del totale. Il potenziale di crescita è quindi enorme, specialmente se i Paesi africani riusciranno, come hanno fatto con successo i Paesi del Sudest asiatico, a integrare le proprie catene del valore. Allargando e diversificando il mercato interno, inoltre, i Paesi africani saranno più resistenti agli shock economici globali rispetto a quando devono affrontare queste sfide da soli.
Ma sono tante le sfide da vincere perché l’AfCFTA possa portare a una crescita inclusiva e sostenibile. La Banca africana di sviluppo ha calcolato che sarà necessaria una crescita degli investimenti infrastrutturali di 40 miliardi di dollari all’anno perché la crescita economica, demografica e produttiva possa essere canalizzata in modo efficiente, e perché i beni possano essere allocati senza sprechi e perdite eccessive. Si dovranno rafforzare anche le istituzioni nazionali, aumentando la capacità fiscale degli Stati e favorendo il passaggio graduale da un’economia informale a un’economia formale e tracciata.
Le nuove tecnologie e la bassa età media dell’Africa possono facilitare questa trasformazione, ma è chiaro che anche l’Italia e l’Europa devono contribuire con un supporto deciso all’attuazione dell’AfCFTA e al rafforzamento delle capacità istituzionali degli Stati africani. L’Unione Europea l’ha creduto da subito in questa iniziativa allocando 50 milioni di euro come supporto all’AfCFTA.